Dalla sua prima edizione, nel 1996, Artecinema ha fatto parecchia strada, cercando però di rimanere fedele alla sua pluralità di interessi e ad una formula che cerca di coniugare cultura “alta” con partecipazione “popolare”. Premiato da una lunga lista di patrocini e collaborazioni, il festival ideato da Laura Trisorio si presenta al 19esimo appuntamento con oltre trenta proposte ad ampio spettro, offrendo come di consueto l’opportunità di dialogare direttamente con gli artisti (alcuni dei quali già apprezzati nelle gallerie e nei musei napoletani) ed i registi. Gratis, tranne che per l’inaugurazione: 7 euro il prezzo del biglietto d’ingresso, stasera alle 20,30 al Teatro San Carlo, dove il sipario si aprirà sul corto d’animazione “Dripped” di Léo Verrier, storia di un artista affamato (nel vero senso della parola) d’ispirazione, che ruba e mangia quadri nella speranza di assorbire la lezione dei grandi maestri. Dopo le sculture “ecologiche” del giapponese Susumu Shingu, ricco epilogo con il genio provocatorio di Piero Manzoni, raccontato da Andrea Bettinetti in un docufilm girato a ridosso della recente retrospettiva di Palazzo Reale a Milano. (altro…)
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Vite parallele
14 settembre 2010
Biennale Architettura 2010
Omologo veneziano. Snapshot dall’ultima Biennale di Architettura, sempre più simile a quella d’Arte (e viceversa). Un male? Un bene? Piuttosto, un dato di fatto che sollecita una riflessione.
Se solo non incalzasse il dilemma: “Ma dove e quando l’ho già visto?”…
Da quando gli architetti si son messi a fare gli artisti, e da quando gli artisti si son messi a fare di tutto, non ci si capisce più niente. Così, un anno sì e l’altro pure, il ritornello a Venezia è diventato: “Questo lo potrebbero lasciare pure l’anno prossimo”, indifferentemente riferito al progetto presentato per la Biennale d’Arte o per quella di Architettura. Visti i tempi di austerity, il consiglio non sarebbe disprezzabile, se non fosse emblematico di una situazione ibrida che non si sa se provochi più disagio, interesse o rassegnazione tra addetti ai lavori e visitatori. I quali non fanno in tempo a dimenticare che si trovano a dover ricordare dove e quando si è vista la tal cosa. In ciò agevolati dalla diffusione delle immagini su siti specializzati e social network, dove la caccia allo smascheramento del déjà vu si fa implacabile.
Neanche stavolta è stato troppo diverso. E ci si è messa pure la direttrice Kazuyo Sejima, la quale: apre l’Arsenale con la “scultura” di Smiljan Radic + Marcela Corea; sbandiera uno spottone in 3d (su se stessa) griffato Wim Wenders; convoca uno che architetto non è come Olafur Eliasson; fa “performare” l’indefesso Hans Ulrich Obrist; dissemina foto qua e là (Niedermayr, Lambri); seleziona anti-strutture come l’impalpabile ordito dei giapponesi junya.ishigami+associates (che s’è preso il Leone d’Oro e le maledizioni dei fotografi) e la “stanza” polifonica di Janet Cardiff (che della Biennale – d’Arte – era stata ospite nel 2001). (altro…)