Storie d’arte sul grande schermo

15 ottobre 2015

MAN RAY, 2 bis rue FérouVenti. È una cifra tonda di tutto rispetto quella delle candeline che spegnerà quest’anno Artecinema, tradizionale appuntamento d’autunno per i patiti, gli appassionati e, perché no, i neofiti delle arti del XX e XXI secolo. Al timone, come sempre, l’ideatrice Laura Trisorio, che ha distribuito su quattro giorni documentari in lingua originale (tradotti simultaneamente in cuffia), molti dei quali in prima nazionale. La formula resta invariata, così come la cornice che da qualche anno ospita la serata inaugurale: stasera il sipario del Teatro San Carlo si alzerà su “Art War” di Marco Wilms, indagine su musica e graffiti come strumenti di contestazione nell’Egitto del dopo Mubarak; diversamente impegnato è “Jeff Koons: Diary of a Seducer” di Jill Nicholls, ritratto di un genio della provocazione e ottimo imprenditore di se stesso, a capo di uno studio-azienda dal fatturato miliardario. (altro…)

Charles Avery

12 gennaio 2010

Torino, Sonia Rosso

Più che un’enciclopedia, un compendio. Di dottrine rigorosamente laiche, predicate dagli abitanti di un’Isola-che-non-c’è. Da una visionaria epopea mentale, una mostra per sacri e profani del pensiero filosofico…

Ma cosa avrà in testa Charles Avery (Oban, 1973; vive a Londra)? Non è semplice capirlo, senza uno sguardo retrospettivo al suo lavoro. The Islanders, visionario ed “epifanico” progetto dell’artista scozzese (nella rappresentativa nazionale alla Biennale di Venezia 2007) conosce infatti uno sviluppo ramificato, potenzialmente illimitato, senza una trama definita né prospettive certe, ma con la solida certezza, da parte dell’autore, che questo mondo immaginario esista alla stregua di quello reale, con i suoi personaggi e i suoi intrecci. La personale torinese va dunque intesa quale tappa di una storia in fieri, nuovo capitolo di una fantasmagorica saga dalla struttura borgesiana: The creeds illustra i diversi credo diffusi a Onomatopoeia, capitale dell’imprecisata Isola teatro di questa poliedrica epopea creativa.

Non si tratta però di religioni rivelate, ma di metodi speculativi distinguibili in base a cappelli dai colori vivaci e dalle fogge estrose. Un’eccentricità che contrasta decisamente con l’impronta classica delle “teste” su cui i copricapo poggiano: non semplici manichini da atelier ma calchi di personaggi reali, che nel bianco totale alla Marc Quinn disperdono la fisionomia originaria per rasentare l’idealizzazione. (altro…)

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