Regina di quadri

30 ottobre 2013

Palma del martirio, Palma della vittoria. Scorre tra questi due estremi la biografia di Palma Bucarelli. Avvincente come il libro di Rachele Ferrario, che non ha poi avuto così bisogno di “romanzare” la vicenda di una personalità originale e complessa, che ha attraversato da protagonista mezzo secolo di storia (dell’arte) italiana, dagli anni Trenta ai Settanta.
Follemente adorata, ferocemente odiata. Rigorosa e caparbia, ma anche frivola e capricciosa.
Che Palma non sia donna dai mezzi toni lo si capisce fin dal suo apparire: occhi di ghiaccio, portamento regale. Sportiva, emancipata. Amante dei begli abiti, dei gioielli e dei motori. Dopo gli studi con Adolfo Venturi e la laurea con Toesca, la bella figlia del viceprefetto capitolino inizia la sua irresistibile ascesa. Subito accompagnata dal brusio delle malelingue, cui fornirà materiale per tutta la vita senza curarsene più di tanto. Anzi. Si vocifera, ad esempio, che la giovane – che nessuna brava madre inviterebbe per un tè con le figlie – sia addirittura l’amante di Bottai. Lei lascia dire. Perché il suo obiettivo è uno. Chiaro. (continua la lettura su sdefinizioni)

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