Dedica – 1986-2006

19 gennaio 2007

Napoli, Pan

Vent’anni e non sentirli. Ma vederli. Occupazione debita di spazio pubblico per Alfonso Artiaco. Un po’ di storia, nessuna nostalgia e molto presente. Anche se i presenti non sono uguali per tutti…

Come descrivere una collettiva senza stendere la lista della lavandaia? Come celebrare un anniversario senza piaggeria? E come giudicare un’esposizione curata a tempo di record (45 giorni appena) da una new entry? Tante le componenti in gioco per Dedica, rassegna per il ventennale della Galleria Alfonso Artiaco che ha segnato il debutto di Julia Draganovic, dallo scorso novembre direttore artistico del Pan. Quasi rispettando la tradizione inaugurata dal predecessore Lorand Hegyi, pure stavolta Palazzo Roccella vede sfilare tanti (grandi) nomi, riuniti da un’occasione privata trasformasi in evento pubblico che, a candeline spente, resta ciò che è: una mostra. Caratterizzata da una prevalenza di lavori site specific, pienamente rispondenti all’hommage esplicitato nel titolo. Invitati gli esponenti di punta della scuderia di Palazzo Partanna (qui trasferitasi nel 2003 dall’originaria sede di corso Terracciano a Pozzuoli), con i quali il pubblico ha imparato a familiarizzare anche e proprio grazie ai corsi del “professore”, sicché per i più assidui l’itinerario si snoda a mo’ di un rassicurante imbattersi in vecchi, riconoscibili amici. (altro…)

Thomas Hirschhorn_The green coffin

26 aprile 2006

Esorcismo collettivo dopo inferni di terrore e purgatori diplomatici. Instrumentum regni per mostrare i muscoli sul ring della politica. Corteo carnevalesco, col carrozzone di cartapesta che sfila tra la calca schiamazzante. Perché cosa c’è di più grottesco di un funerale senza il caro estinto? Queste e tante altre considerazioni dovettero affacciarsi nella mente di Thomas Hirschhron (Berna, 1957), di fronte alle solenni esequie di Yasser Arafat nella striscia di Gaza, in cui il feretro senza morto sembrava scivolare su invisibili cuscinetti a sfera. Riflessioni concretizzate in questa variazione sul tema-bara, affrontato contemporaneamente anche nella personale in corso ad Hannover, optando qui per una nuance a dir poco attuale, drammaticamente attuale: verde Hamas. Ed ecco la cassa far da grancassa agli umori della folla sottostante, che annaspa, spinge, sorregge o minaccia di schiantarsi sotto il peso di quel sarcofago vuoto sì, ma zavorrato col fardello del Mito e tutto il superfluo indispensabile. Un miracolo che, nel tumulto della processione, quel bazar non scivoli via dal coperchio inclinato, dov’è disposto in elvetico equilibrio. (altro…)

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