Dedica – 1986-2006

19 gennaio 2007

Napoli, Pan

Vent’anni e non sentirli. Ma vederli. Occupazione debita di spazio pubblico per Alfonso Artiaco. Un po’ di storia, nessuna nostalgia e molto presente. Anche se i presenti non sono uguali per tutti…

Come descrivere una collettiva senza stendere la lista della lavandaia? Come celebrare un anniversario senza piaggeria? E come giudicare un’esposizione curata a tempo di record (45 giorni appena) da una new entry? Tante le componenti in gioco per Dedica, rassegna per il ventennale della Galleria Alfonso Artiaco che ha segnato il debutto di Julia Draganovic, dallo scorso novembre direttore artistico del Pan. Quasi rispettando la tradizione inaugurata dal predecessore Lorand Hegyi, pure stavolta Palazzo Roccella vede sfilare tanti (grandi) nomi, riuniti da un’occasione privata trasformasi in evento pubblico che, a candeline spente, resta ciò che è: una mostra. Caratterizzata da una prevalenza di lavori site specific, pienamente rispondenti all’hommage esplicitato nel titolo. Invitati gli esponenti di punta della scuderia di Palazzo Partanna (qui trasferitasi nel 2003 dall’originaria sede di corso Terracciano a Pozzuoli), con i quali il pubblico ha imparato a familiarizzare anche e proprio grazie ai corsi del “professore”, sicché per i più assidui l’itinerario si snoda a mo’ di un rassicurante imbattersi in vecchi, riconoscibili amici. (altro…)

Darren Almond

19 dicembre 2005

Napoli, Galleria Alfonso Artiaco

L’Artico da Artiaco. Estremo, crepuscolare, poetico, Almond scivola e arranca tra i ghiacci, verso un’inattingibile meta. Unico traguardo certo, lo smarrimento del pubblico. Che avanza tentoni…

Cesura. Netta. Forte. Stacco di testa e di pancia. Succede vivendo la mostra di Darren Almond (Wigan, 1971), che il Turner Prize, quest’anno, l’ha mancato d’un soffio, ma in compenso maneggia il tocco delle tempeste. Che scoppiano a sorpresa. E la sua personale da Artiaco è esempio, magistrale esempio, di questo tradimento, di questo sturm un drang che si consuma a danno e beneficio dello spettatore in due momenti: il primo di bassotuba e retina, il secondo tutto di timpani e addominali. Scenario unico, il Polo Nord. Dici Artico e ti viene subito in mente il ghiaccio. Dici ghiaccio e ti viene subito in mente un biancore abbagliante, di calce brinata. Invece, nelle cinque foto della serie Artic plates, il gioco delle libere associazioni coatte salta completamente in aria, in un’atmosfera rarefatta e fuligginosa da allunaggio, disfacendosi in una coltre in scala di grigi nella quale brancolerebbe pure Alan Charlton, ma dove restano intrappolati pure i vapori “ereditati” da Turner (il pittore, non il premio). (altro…)

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