Il bello, il vero e… lo smart. Sono quasi 250 le opere che, fino al prossimo 31 gennaio, negli ambienti del Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore racconteranno – “in presenza” e in digitale – la storia della scultura partenopea tra la seconda metà del XIX e gli inizi del XX secolo. Ambizioso il progetto che, nelle intenzioni della curatrice Isabella Valente, docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Università federiciana, “risponde all’esigenza critica di riportare alla luce quel paesaggio artistico che andò formandosi tra secondo Ottocento e primo Novecento, le cui tracce sono rimaste sepolte troppo a lungo, a margine della storiografia e tralasciate dalle occasioni espositive” (risalgono infatti al 1997 “Civiltà dell’Ottocento”, tra Capodimonte e la Reggia di Caserta, e al 2009 la retrospettiva di Vincenzo Gemito a Villa Pignatelli). (altro…)
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Dalla Germania con colore: Albert Oehlen a Capodimonte
15 febbraio 2009
La prima volta in un museo italiano
Avanti tutta. A coronamento di una settimana zeppa di opening, la Soprintendenza speciale per il Polo Museale napoletano fa il bis a meno di ventiquattr’ore di distanza. Così, se venerdì sera s’era tagliato il nastro della retrospettiva di Renato Mambor a Castel Sant’Elmo, ieri mattina a Capodimonte apriva la personale di Albert Oehlen, progettata e realizzata dalla Galleria Alfonso Artiaco. Dieci imponenti dipinti nella Sala Causa, spazio realmente “espositivo” che aveva già mostrato i suoi pregi con Louise Bourgeois, grazie al notevole impatto delle sculture sospese nel vasto ipogeo ristrutturato da Liliana Marra. (altro…)
Catturati dalla Bourgeois
18 ottobre 2008
A Capodimonte antologica dell’artista parigina
Non è solo una mostra d’arte contemporanea. E non è una mostra di Louise Bourgeois a Capodimonte, ma una mostra di Louise Bourgeois per Capodimonte». Ci tiene, il Sovrintendente al Polo Museale Nicola Spinosa, a rimarcare la netta differenza tra la nuova proposta della pinacoteca e la “solita” retrospettiva. Perché stavolta è diverso.
Non tanto per il museo, che fin dal 1978 con il maestoso “Cretto nero” di Burri (oggi al centro di un contenzioso sul quale Spinosa non è disposto a cedere di un millimetro: «È stato fatto per questo posto e qua resta») aveva mostrato la propensione alle contaminazioni tra antico e moderno, moltiplicate nell’evento organizzato per il cinquantenario; ma per la 97enne artista, parigina di nascita e cittadina americana dal 1955 (si era trasferita a New York poco dopo il matrimonio con Robert Goldwater, nel 1938). La quale, cataloghi alla mano, ha abbinato una selezione delle proprie opere a quelle presenti al primo e al secondo piano delle collezioni. (altro…)